venerdì 16 novembre 2012

Monti ... un anno dopo

Esattamente un anno fa il governo Monti, giurando nelle mani del Presidente della Repubblica, iniziava la sua attività.
Provo, senza alcuna presunzione, a fare un mio bilancio di questa esperienza di governo "tecnico" ed a trarne alcune personalissime conclusioni.
Il programma di Monti, in sostanza, si riassumeva in tre parole: rigore, equità, crescita.
Sul fronte del rigore, i professori non hanno inventato niente di nuovo: servono risorse? Bene, aumentiamo la pressione fiscale (IMU, IVA, carburanti etc.). Servono altre risorse? Bene, tagliamo sui trasferimenti agli enti locali. Nulla di più semplice e, pur con tutto il rispetto, non è che servissero illustri accademici per adottare misure di questo genere.
Lo Stato doveva fare "cassa" perché bisognava ridurre lo spread. Bene, lo Stato ha incassato, lo spread è stato ridotto, ma i cittadini si sono impoveriti e gli enti locali, per continuare a garantire un minimo di servizi essenziali sul territorio, si devono arrampicare sugli specchi.
Inghiottito l'amaro boccone del rigore, ci saremmo aspettati qualcosa di eclatante (o almeno qualcosa) su equità e crescita: invece niente. Su queste voci il governo, dopo un anno, è ancora ... "non pervenuto". Anzi, proprio le misure sul rigore sopra ricordate si sono dimostrate altamente inique, andando a colpire quasi esclusivamente le fasce di popolazione già più duramente provate dalla situazione di crisi.
Si dirà che almeno abbiamo recuperato credibilità internazionale: certo, che Monti sia una persona ben introdotta negli ambienti (soprattutto finanziari) internazionali può essere un fattore positivo, a condizione che l'Italia riprenda il ruolo che le spetta nel panorama politico europeo, circostanza che mi sembra non essersi avverata.
Nel frattempo, in questo anno, il PIL è ancora calato, la disoccupazione (soprattutto giovanile) è aumentata ed il debito pubblico raggiungerà entro il 2012 la cifra record di 2.000 miliardi di euro; il tutto mentre proprio ieri Mario Draghi ha affermato che la crisi non si può combattere con le tasse.
Dunque tutto negativo?
No, di positivo c'è l'insegnamento che dobbiamo trarre da questa esperienza "emergenziale".
Se siamo arrivati al governo Monti, è perché la politica ha fallito, e non solo quella dell'ultimo ventennio, ma tutta quella che negli ultimi quaranta anni si è alimentata del mito della spesa pubblica come fattore di crescita sociale, gonfiando a dismisura un apparato statale che è diventato fine a se stesso, improduttivo, cervellotico e foriero di malaffare. La Grecia docet: uno Stato che vive di sola spesa pubblica, primo o poi esplode.
L'esperienza "tecnica" deve finire prima possibile e la Politica (con la "P" maiuscola) deve ritornare ad essere protagonista del futuro del nostro Paese, ponendo in essere con coraggio e determinazione riforme che siano in grado di incidere radicalmente sulla struttura complessiva dello Stato. Ma per farlo, la Politica deve ritrovare la sua credibilità e l'unica strada che vedo è quella di un completo ricambio della classe dirigente: chi per decenni è stato dentro questo sistema accettandolo ed alimentandolo, non può oggi ergersi a paladino del cambiamento.
Non si tratta di "rottamare" o "formattare" e non è una questione anagrafica: si tratta semplicemente di essere realisti e dire alla politica ed ai politici (questa volta con la "p" minuscola) che hanno ridotto l'Italia e gli Italiani nelle condizioni attuali di farsi da parte.
I segnali che vengono dal popolo italiano sono molto chiari, e solo una classe politica miope, impegnata in maniera autoreferenziale a garantirsi la permanenza in vita, non li sa (o non li vuole) cogliere: personalmente non condivido nulla o quasi delle posizioni del movimento di Beppe Grillo, ma la sua crescita apparentemente inarrestabile non rappresenta la vittoria della "antipolitica", bensì esprime la voglia degli Italiani di una politica nuova, sganciata dalle vecchie e logore logiche di palazzo.
La sfida, per chi ha ancora un minimo di volontà di impegnarsi in politica e nelle istituzioni, è quella di rispondere a questa voglia di nuovo in maniera convincente, mettendo in campo idee nuove ed avendo la forza di portarle avanti con determinazione.
Se comprenderemo l'importanza di questa sfida per il futuro del nostro paese ed avremo il coraggio di agire di conseguenza, forse l'esperienza "tecnica" non sarà stata del tutto vana.
Sarnano, 16 novembre 2012
fc



1 commento:

  1. son pienamente di accordo con tua anlisi...manca che ci obbligassero a prelievi del sangue coercitivi

    RispondiElimina